Vivere per lavorare o lavorare per vivere, questo è il dilemma
Lavorare non è solo un bisogno materiale, inteso come il mezzo attraverso il quale procurarvi tutto quello di cui avete bisogno per sopravvivere, ma è anche strettamente connesso ai bisogni psicologici di un individuo. Ecco come potete intendere l’annoso dilemma fra il lavorare per vivere o vivere per lavorare.
Il lavoro inteso come bisogno
Quando sentite parlare di bisogno si fa riferimento ad uno studioso del calibro di Maslow che nel 1954 realizzò un bel lavoro sui bisogni primari e secondari dell’uomo, classificandoli in cinque categorie: fisiologici, di sicurezza, di appartenenza, di riconoscimento (o di stima) e di auto-realizzazione. Questi bisogni sono poi presenti anche nella vostra vita professionale quotidiana e in quella di ogni individuo.
In particolare, quelli fisiologici sono legati al bisogno di pause e alla necessità di welfare aziendale. Il bisogno di sicurezza è invece connesso con la necessità di lavorare in un ambiente sicuro, regolato da norme certe. Il bisogno di appartenenza può essere ricondotto alla necessità di sentirsi parte di un gruppo mentre quello di riconoscimento è legato alla necessità di vedere apprezzato il proprio impegno, attraverso gratificazioni economiche o personali. Infine, il bisogno di auto-realizzazione si esplica nell’esigenza di ottenere un buon equilibrio fra vita lavorativa e personale, senza rinunciare a nessuna delle due. Tutto questo fa sì che il lavoro non sia solo un mero modo per “sbarcare il lunario” ma influisca profondamente sulla vostra vita.
Lavorare per vivere o vivere per lavorare?
Proprio per i motivi sopra elencati, sono sempre più numerose le persone che decidono di abbandonare un lavoro stabile e sicuro ma che non fornisce più la risposta ai propri bisogni. Dunque, lavorare per vivere o vivere per lavorare?
Secondo uno studio condotto da Harpaz nel 1990, i motivi che causano la maggiore insoddisfazione al lavoro sono da ricondurre ad un senso di inutilità rispetto al ruolo che si svolge ma anche all’assenza di stimoli, perché magari si svolgono compiti ripetitivi e noiosi. Infine l’assenza di gratificazioni è certamente un elemento fortemente invalidante per i dipendenti e soprattutto fonte di stress. Fra gli elementi che, al contrario, i dipendenti annoverano fra quelli che maggiormente rendono piacevole un lavoro c’è la possibilità di crescere professionalmente ma anche quella di stringere relazioni personali soddisfacenti in ufficio o comunque poter lavorare in un ambiente nel quale le relazioni interpersonali sono distese e gratificanti. La mancanza di questi elementi spinge sempre più persone a cercare nuove opportunità più stimolanti, capaci di fornirvi la spinta ad affrontare la sveglia al mattino.