Stipendi in contanti? Addio, ecco le nuove regole
Dal 1° luglio non è possibile pagare gli stipendi in contanti, salvo ai lavoratori domestici e per la Pubblica Amministrazione. La nuova normativa impone ai datori di lavoro la tracciabilità dei pagamenti per scoraggiare i furbetti.
La nuova misura è stata creata per tutelare maggiormente i lavoratori, contrastando gli imprenditori meno onesti. Ma stavolta non si tratta dei dipendenti che timbrano il cartellino per poi andare al bar o a fare shopping, né degli imprenditori che omettono fatture e scontrini per evadere il Fisco.
La nuova legge punta a combattere quei datori di lavoro che per anni hanno abusato delle false buste paga, aggirando abilmente assegni e bonifici, per versare ai dipendenti retribuzioni più basse di quelle previste dai contratti collettivi nazionali.
Dal 1° luglio, secondo quanto stabilisce la nuova Legge di Bilancio, “i datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato“. Tutti i pagamenti devono quindi essere tracciabili, a meno che il rapporto di lavoro in oggetto non venga instaurato con la PA o con un collaboratore domestico.
Cos’è cambiato con la nuova normativa
In base alla Legge 205/2017, art. 1 comma 910, i datori di lavoro non possono più versare gli stipendi in contanti. Le uniche forme di pagamento previste sono: bonifico, assegno, versamento elettronico oppure in contanti ma esclusivamente presso l’ufficio postale o bancario dove l’emittente ha un “conto corrente di tesoreria aperto con mandato di pagamento”.
La riforma interessa tutte le tipologie di rapporto lavorativo, a prescindere dalla durata e dal modo di svolgimento: lavoro subordinato, collaborazione coordinata e continuativa oppure presso cooperative.
La nuova legge permette il pagamento degli stipendi in contanti solo in caso di rapporti di lavoro stabiliti con la Pubblica Amministrazione, con un collaboratore domestico (Dlgs. 165/2001) o un addetto ai servizi familiari. Potete continuare a essere pagati in contanti anche se state effettuando un tirocinio o uno stage retribuito, beneficiate di una borsa di studio o siete dei lavoratori autonomi.
Sanzioni fino a 5mila euro anche per i pagamenti annullati
Il comma 913 stabilisce delle pesanti sanzioni amministrative per tutti quei datori di lavoro che continuino a versare gli stipendi in contanti, violando l’obbligo della tracciabilità dei pagamenti. Le multe previste vanno da mille a 5mila euro.
Ma cosa accade se il furbetto di turno emette un assegno o un bonifico e poi lo annulla? Le sanzioni scattano lo stesso, e così in tutti i casi in cui il versamento tracciabile non vada a buon fine. Una volta ricevuta la notifica della multa, i datori di lavoro sanzionati hanno comunque 30 giorni di tempo per presentare ricorso amministrativo all’Ispettorato del Lavoro o memorie difensive all’Autorità competente.