Questione Voucher: cosa sta cambiando?
Dall’1 gennaio 2018 entra in vigore la normativa che abolisce in via definitiva i buoni di lavoro (voucher). Al loro posto arriva il “Job on call”, un contratto ad intermittenza introdotto nel 2003 dalla Legge Biagi e modificato con il Jobs Act nel 2015.
Addio Voucher, dal 2018 si cambia
Novità in arrivo per tutti i lavoratori che negli ultimi anni sono stati retribuiti attraverso i famosi buoni lavoro, che hanno diviso la politica sin dalla loro introduzione. Dall’1 gennaio 2018 i voucher saranno completamente aboliti per cedere il passo al contratto a chiamata, detto “Job on call”, una valida alternativa per inquadrare il lavoro occasionale a norma di legge. Si tratta di un contratto ad intermittenza, che però non è una novità assoluta, visto che è stato già introdotto con la Legge Biagi del 2003 e poi modificato con il Jobs Act del 2015 per mano dell’ex premier Matteo Renzi.
Che cos’è il contratto di lavoro intermittente
Questa soluzione trova la sua legittimazione nell’articolo 13 del Decreto Legislativo 81/2015. Il contratto di lavoro intermittente può essere sia occasionale che a tempo determinato ed individua la forma mediante la quale un soggetto offre la sua disponibilità ad un datore di lavoro. Questi può avvalersi delle prestazioni lavorative del primo “in modo discontinuo o intermittente, a seconda delle esigenze individuate dai contratti collettivi anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno”.
Chi può stipulare il contratto di lavoro intermittente
Per individuare i destinatari della nuova forma contrattuale “a chiamata” è necessario attenersi a quanto prescritto dal Dlgs 81/2015, che ne stabilisce requisiti anagrafici piuttosto stringenti. Infatti il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato solo da 2 categorie di persone in grado di soddisfarli:
– soggetti che non abbiano compiuto i 24 anni e la cui prestazione lavorativa oggetto del contratto sia risolta entro il venticinquesimo anno di età;
– soggetti con un’età superiore ai 55 anni.
Quanto dura il contratto di lavoro intermittente
Secondo la normativa il soggetto in possesso dei requisiti sovracitati può stipulare anche più di un contratto con il proprio datore di lavoro. Tuttavia con il medesimo non è possibile superare il numero complessivo di 400 giornate effettive di lavoro in 3 anni solari, a meno che l’attività non sia svolta negli ambiti del turismo, dello spettacolo e degli esercizi pubblici. Se invece il limite viene superato “il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato”.
La retribuzione in un contratto di lavoro intermittente
Nel contratto a chiamata il lavoratore è soggetto allo stesso trattamento economico e normativo dei colleghi dello stesso livello di inquadramento. Lo stesso discorso vale anche per ciò che attiene a ferie, malattia, infortuni, maternità e congedo parentale.
Egli non ha invece diritto ad alcuna retribuzione per tutto il periodo in cui il datore di lavoro non si avvale delle sue prestazioni, a meno che non gli abbia comunque offerto la propria disponibilità, guadagnando così il diritto a ricevere un’indennità.