Protocollo di Kyoto, perché nasce e chi vi aderisce
Avete sicuramente sentito parlare del Protocollo di Kyoto. Perché nasce, a cosa serve e chi vi aderisce? Ma soprattutto la domanda che vi starete facendo è sulla reale efficacia del trattato.
In campo ambientale ci sono tante incertezze sulle possibilità di migliorare la vita delle generazioni future. Però c’è anche una sicurezza poco nobile a cui almeno una volta sarete stati messi di fronte: il surriscaldamento globale.
Le trasmissioni televisive e le riviste scientifiche del settore nonché i professionisti che operano in questo campo concordano nell’attribuire la responsabilità di questo fenomeno all’uomo.
L’emissione dei cosiddetti gas serra a opera delle più grandi industrie è il fattore scatenante di una situazione che va presa nella giusta considerazione senza minimizzare.
I calcoli fatti sulle prospettive delineano scenari a dir poco apocalittici e proprio per questa motivazione nel 1997 a Kyoto, una città giapponese, si sono ritrovati i leader di oltre 180 paesi per discutere e per cercare una soluzione a questo gravissimo problema.
Per diretta conseguenza i Paesi che hanno aderito al Protocollo di Kyoto hanno dovuto adottare norme specifiche nazionali in grado di mettere un freno alla situazione emissiva delle attività produttive e per raggiungere il traguardo fissato con l’accordo.
Perché aderire al Protocollo di Kyoto
Vi starete chiedendo perché un Paese dovrebbe limitare la propria capacità industriale o spendere grandi cifre di denaro per salvare l’ambiente, su cui gli effetti devastanti saranno comunque visibili solo in futuro. L’interrogativo non è banale poiché i grandi potentati economico-industriali non sono mai stati così sensibili all’ecologia privilegiando sempre il profitto.
Il principio del Protocollo di Kyoto nasce proprio dal confronto e dalla corresponsabilità. Mettersi intorno a un tavolo e darsi regole universalmente condivise non provoca disparità né concorrenze al ribasso. L’idea è quella di stabilire traguardi da rispettare tutti insieme, ciascuno con precisi obiettivi.
Ovviamente dovete considerare la proporzione in base alla quale maggiore è il numero dei paesi coinvolti nel trattato, maggiore è l’effetto correttivo concreto sull’ambiente. Infatti potete osservare che per entrare realmente in vigore l’accordo ha dovuto attendere il 2005 con la ratifica della Russia e il successivo superamento della rappresentatività del 55% delle emissioni prodotte dalle relative nazioni aderenti.
In Italia siamo riusciti a ridurre entro il 2012 il 5% totale delle emissioni di gas considerati pericolosi. In linea generale il Protocollo di Kyoto è stato un successo parziale, essendo prorogato fino al 2020 con l’accordo sottoscritto successivamente a Doha.