Licenziamento categorie protette: quali sono i casi in cui è legittimo?

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I lavoratori appartenenti alle categorie protette purtroppo non sono immuni dall’essere licenziati. Tuttavia il datore di lavoro può farlo in maniera legittima solo in determinati casi, come ha ribadito una sentenza della Corte di Cassazione. Ecco cosa prevede la Legge.

Tutele speciali per le categorie protette contro il licenziamento

Anche i lavoratori appartenenti alle categorie protette possono essere licenziati in modo inatteso , ma in maniera del tutto legittima come i colleghi che non vi rientrano. Tuttavia ciò può accadere solo in determinati casi. La Legge 68/1999, relativa alle “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, punta a favorire il loro inserimento e l’integrazione lavorativa, prevedendo delle speciali tutele per proteggerli. Il datore di lavoro, pubblico o privato, è tenuto a rispettarla se li ha assunti attraverso questa Legge. Un’importante sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che il licenziamento di un dipendente disabile o malato è legittimo solo se si verificano particolari condizioni.

I casi di licenziamento legittimo

La sentenza 28426/2013 della Corte di Cassazione ha contribuito a fare luce sulla delicata questione del licenziamento dei lavoratori appartenenti alle categorie protette. Questo provvedimento talvolta viene adottato senza rispettare la normativa o persino in maniera assurda. Tuttavia il licenziamento dei dipendenti che fanno parte delle categorie protette è legittimo solo in 2 casi, se avviene per giusta causa o per giustificato motivo oggettivo.
Quest’ultima motivazione include anche:
– la riduzione del personale, purché la quantità dei dipendenti abili dell’azienda o dell’ente sia inferiore a quella stabilita dalla normativa;
– la presenza di una grave patologia del lavoratore, che non gli consente di svolgere pienamente le sue mansioni né di ricollocarlo in un altro settore.

Perché il licenziamento per giusto motivo oggettivo è legittimo

La sentenza del 2013 è di peculiare importanza perché aveva come oggetto il licenziamento di una lavoratrice appartenente a una delle categorie protette. La donna aveva consegnato al proprio datore di lavoro un certificato medico che sanciva la sua inidoneità allo svolgimento dei compiti che il titolare le aveva affidato, pertanto era stata licenziata. In seguito gli aveva fatto causa perché riteneva illegale il provvedimento, che a suo avviso violava la Legge 68/1999. La Suprema Corte aveva però richiamato l’articolo 10 della stessa, stabilendo che è legittimo il licenziamento di un lavoratore appartenente alle categorie protette in caso di “inutilità aziendale” relativa alle mansioni svolte prima. Il licenziamento per giusto motivo oggettivo è quindi ammesso dalla Legge se questi eroga una prestazione lavorativa in forma frammentaria o parziale e se l’azienda non ha l’opportunità di ricollocarlo in un altro settore o di affidargli mansioni differenti rispetto a quelle per cui lo aveva assunto.