Lavoro in Europa? Ecco i settori che assumono (anche in Italia)
Sono in forte crescita le opportunità di lavoro in Europa nei settori professionali, tecnici e scientifici, che ormai hanno raggiunto un’incidenza del 12,7%. L’Italia cerca di stare al passo, ma la produttività del lavoro lascia a desiderare.
Ecco i re del lavoro in Europa
Il lavoro in Europa sorride a professionisti, tecnici e scienziati. Per numero di lavoratori, queste categorie sono ancora marginali rispetto a quelle dei commercianti e degli impiegati nella PA, ma hanno il futuro in tasca. L’Eurostat ne conferma la crescita occupazionale: nel 2016 la loro incidenza nell’Eurozona ha raggiunto il 12,6%, con un incremento del +5,3% rispetto al 1996, quando erano fermi al 7,6%. In Italia sono il 12,2%, mentre erano il 7,1% nel 1996. Nel ventennio il retail cresce poco, passando dal 23% al 24,7%, mentre l’industria tradizionale scende dal 20,7% al 15,3%. I nuovi dati testimoniano che ormai più di 1 lavoratore su 10 dell’UE opera nei servizi che richiedono un elevato tasso di competenze, dall’ingegneria alla veterinaria alla contabilità. Il salto è dovuto alla crescita del valore aggiunto generato dal settore, passato dall’8,7% del 1996 all’11% attuale.
Lombardia terza in Europa
Tra le regine del lavoro in Europa c’è anche un’italiana: la Lombardia. Secondo l’Eurostat, la regione è addirittura terza per numero di professionisti impiegati negli studi e in attività tecnico-scientifiche. Gli ultimi dati disponibili sono del 2014, quando erano ben 311 mila, contro i 598 mila dell’Île de France e i 338 mila dell’Inner London. Le imprese lombarde del settore accolgono 1,1 milioni di professionisti dei 12 milioni attivi in Europa. Il “made in Italy” nel comparto professionale-tecnico-scientifico ha generato nel 2016 un giro di affari di 104 miliardi e un valore aggiunto di 52. Si tratta del 4° posto nella classifica europea, che vede sul podio giganti come Regno Unito, Germania e Francia. Nel complesso, l’intero settore produce un giro di affari di 1.300 miliardi di euro e un valore aggiunto di 667,4 miliardi.
I freni italiani alla crescita
L’Italia deve fare i conti con alcuni freni e gap per dominare il futuro del lavoro in Europa . Tra essi figura il valore aggiunto generato da ogni dipendente, di soli 44 mila euro contro la media europea di 55. Fanno meglio il Regno Unito con 83.400 euro e la Germania con 60.500 euro. In Italia il rapporto produttività/costo del lavoro è pari al 105,9%, in linea con la media europea. Tuttavia non riesce a competere con quello della Germania e del Regno Unito, rispettivamente del 130% e del 179,4%. In UK un dipendente costa 46.500 euro a un’azienda, ma produce quasi il doppio, ben 83.400 euro. Nel Belpaese il costo del lavoro è di 41.600 euro, più basso della media europea di 45.300, pertanto il gap sembrerebbe dovuto alla minore qualità del lavoro.