Consegnano i pasti o altre merci a casa nostra, oppure sono esperti informatici che si occupano di data storage sul cloud, o ancora fanno traduzioni di testi. Sono giovani, in un numero che va da 700mila fino a un milione, a svolgere lavori precari e poco pagati; lavoretti di vario genere guadagnando una media di 12 euro lordi all’ora.
I lavoretti dei giovani, ovvero la Gig economy: secondo lo studio svolto dagli esperti della Fondazione Rodolfo De Benedetti, presentato al Festival dell’Economia di Trento, i giovani in questione lavorano per le piattaforme internet che, tramite le applicazioni, offrono vari lavori precari e occasionali.
Noti pure come gli addetti ai lavoretti, questi giovani fanno parte della Gig economy, un modello economico sempre più diffuso, detto anche lavoro on demand, cioè su richiesta.
Giovani e lavori precari: non solo rider
I rider, cioè coloro che consegnano i pasti al domicilio, sono probabilmente la prima categoria di giovani che svolgono lavori precari a venirci in mente, ma corrispondono soltanto al 10 percento del totale di giovani coinvolti nella Gig economy: ne fanno parte anche coloro che affittano temporaneamente la propria casa o una o più stanze, chi vende online prodotti fatti da sé, chi offre qualsiasi tipo di consulto. Sono sempre lavori fatti in proprio e svolti per un periodo temporaneo.
Lavoretti, unico reddito: le statistiche scoraggianti: secondo lo studio, tra gli appartenenti a questa Gig economy sono tra 150 e 200mila quelli per cui svolgere lavori precari e occasionali rappresenta l’unico reddito.
Quasi il 70 percento ha un livello di istruzione superiore e vorrebbe lavorare di più. Il 50 percento è rappresentato da donne. Sempre il 50 percento si dedica ai lavoretti non più di 4 ore a settimana. Quasi l’80 percento è composto da giovani under 30 e studenti.
Il tema sta diventando caldo anche per i sindacati, che stanno cercando di trovare modi per tutelare questa nuova categoria di lavoratori.