Sono moltissimi gli italiani che, da diverso tempo, hanno deciso di lavorare in Gran Bretagna. La maggior parte di loro si trova a Londra (sono quasi 450 mila), mentre altri 150 mila sono sparsi nelle diverse città dell’isola. E questi numeri, ovviamente non tengono conto degli studenti fuori sede.
Il termine Brexit, in dettaglio indica la volontà di uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea e questo desiderio è stato sancito in maniera chiara lo scorso 23 giugno 2016.
Ma quali sono le conseguenze principali? Innanzitutto il risultato ha confermato la chiusura definitiva del paese verso le istituzioni dell’Unione, da sempre poco amate oltre manica: i rapporti, in realtà, sono sempre stati piuttosto freddi, a partire dalal mancata adesione all’euro da parte dello stato, che ha mantenuto in vigore la sterlina.
Ma le conseguenze maggiori riguardano, al momento, il mondo lavorativo e coinvolgono tutti coloro che hanno deciso da poco di trasferirsi nel paese, o ci stanno pensando. Un aspetto che coinvolge anche il mondo studentesco, dato che Londra è la prima meta in assoluto per gli studenti che desiderano effettuare uno stage all’estero (il 50% degli studenti della Bocconi, opta per questa destinazione). Le prospettive lavorative, però, potrebbero non essere più così vantaggiose.
Cosa succederà, quindi, al mondo della city e dell’alta finanza? Chi trarrà vantaggio da questa situazione? Si parla ormai di Singapore, di New York e addirittura della Cina, mete che sposterebbero irrimediabilmente il focus degli studenti su nuove località da ‘colonizzare’.
Tra gli aspetti da considerare c’è poi, ovviamente, quello che riguarda i costi legati allo studio. Lo status di studente universitario comunitario, infatti, è ormai decaduto e le convenzioni per gli studenti internazionali non sono altrettanto vantaggiose. È probabile quindi che i neolaureati italiani decidano di optare per destinazioni alternative, anche oltre oceano, per trovare un’opportunità adeguata.
Stessa cosa vale per le coperture sanitarie e per le assicurazioni. Il decadimento degli accordi, infatti, limiterà anche questo tipo di opportunità e tutela.
La Gran Bretagna avrà tempo due anni per gestire la propria uscita e limitare i probabili danni legati alla mobilità studentesca e lavorativa internazionale. Oltre Manica, sembra esserci comunque massima disponibilità nel collaborare riguardo alle borse di studio, incentivando la nascita di nuove imprese e realtà legate al mondo giovanile e dello studio. Certo è che la transizione creerà comunque alcune problematiche che potrebbero portare gli interessati a rivolgersi altrove.
La vittoria del ‘Leave’, con il suo netto 51,9% ha aperto uno scenario del tutto nuovo e, forse davvero inaspettato.