Uno studio di Iref – Istituto di Ricerche Educative e Formative delle Acli Nazionali – mostra il difficile rapporto tra giovani e lavoro nell’Italia della crisi con il mutamento della percezione dei propri diritti che le nuove generazioni vivono sulla loro pelle.
La convivenza forzata di giovani e lavoro è una delle questioni sociali maggiormente dibattute e indagate. Senza voler fare una rassegna puntuale, è ormai entrata nel senso comune l’idea che i giovani siano il soggetto sociale maggiormente penalizzato dalla recessione economica iniziata nel 2008.
Il tono degli studi e delle analisi è di sovente allarmato, se non indignato poiché una parte consistente dei giovani italiani è fuori dai tipici meccanismi di inclusione socio-lavorativa. Ma cosa significa e cosa implica essere nativi precari? A queste domande inizia a dare risposta il saggio Il Ri(s)catto del Presente. Giovani e lavoro nell’Italia della crisi di Iref.
L’indagine statistica su giovani e lavoro
Il Ri(s)catto del Presente è un’indagine statistica realizzata da Iref in un anno di lavoro – nella modalità web survey – coinvolgendo 2.500 under30 italiani. Scopo di questo studio è stato indagare le modalità di approccio al mondo del lavoro e la capacità di adattamento dei millennial, al nuovo mercato professionale.
Uno studio condotto con un disegno di ricerca innovativo. I giovani – intervistati via web – sono stati suddivisi in 3 gruppi: cervelli in fuga scappati dal Paese per lavorare all’estero (gli expat), giovani delle seconde generazioni (figli di immigrati) e gli under30 rimasti in Italia.
L’indagine ha voluto comprendere meglio le strategie e le forme di riscatto messe in atto nella ricerca di lavoro e nell’approccio a questo mondo instabile, precario e poco remunerativo, da questi giovani lavoratori nati negli anni ’90 e cresciuti con la crisi economica.
Due delle circostanze più interessanti emerse dalla ricerca sono legate alle forme di lavoro in deroga. Dal punto di vista dei giovani, infatti, questa modalità di sospensione volontaria ma forzata dei propri diritti viene vissuta come una forma di adattamento dovuta al sistema del nuovo mondo del lavoro.
Un 27% degli intervistati rinuncerebbe ai giorni festivi per mantenere il posto di lavoro, ma le percentuali scendono a favore di diritti più elementari come i giorni di malattia retribuiti (soltanto il 10,5% chiuderebbe un occhio); una busta paga equa (un 12,4% si farebbe pagare meno del dovuto per tenersi il posto di lavoro); le ferie (il 16,7% non andrebbe in vacanza pur di lavorare), contro un 32,8% che ha dichiarato che non rinuncerebbe mai ai propri diritti di lavoratore, per farsi assumere o mantenere il posto di lavoro.