Più che ridurre i costi sarebbe corretto dire: “ridurre i flussi di cassa in uscita”. Un’impresa in difficoltà si trova a non riuscire più ad onorare i propri impegni finanziari quali la copertura dei costi di struttura, il rimborso di finanziamenti, il pagamento delle imposte e dei fornitori.
L’errore più grande che si possa commettere è intervenire sui sintomi e non sulla causa del problema.
Un sintomo è, ad esempio, la tensione di liquidità. L’intervento più semplice è accendere un nuovo finanziamento per coprire le tensioni. Non è certo così che si risolve un problema finanziario, semmai in tal modo lo si rimanda al futuro.
Una causa è, invece, ad esempio, il venir meno della redditività di un reparto, che dividendo ed
analizzando i costi scopriamo essere in perdita. L’intervento da realizzarsi è molto più radicale e
può comportare la necessità di chiudere il reparto, ridurre il personale e cedere i macchinari.
Esistono cause più semplici da affrontare e cause più complesse.
Le cause più semplici sono ad esempio quelle che possiamo definire “cause finanziarie” quali la c.d. “indigestione da investimenti”: ne è esempio l’impresa abituata a grandi guadagni usava finanziare gli investimenti con finanza a breve termine ovvero con leasing o mutui a tre anni. Ne conseguono impegni finanziari fissi in uscita importanti, ed al primo rallentamento del fatturato tali impegni diventano subito pesanti. In tal senso l’intervento può limitarsi ad un ri-scadenziamento del debito magari passando dai 3 ai 5 anni. Attenzione però a non superare la vita utile del
macchinario! Se il macchinario dovesse durare 4 anni al 5° anno mi troverei ad avere il debito ma non più la fonte di reddito per coprirlo!
Cause più complesse sono quelle di matrice “operativa”. L’impresa non è a break even e non produce margine operativo lordo positivo. A fronte di tali cause gli interventi sono più importanti ed impattano sulla struttura.
Ma quale è la difficoltà più grande nell’intervenire sulle cause operative o finanziarie per ridurre i costi?
Può sembrare un gioco di parole ma la sua magnitudo è esplosiva: ridurre i costi… costa!
Si pensi ad una manovra di chiusura di un reparto: esistono esempi ove per risparmiare €100.000 all’anno occorre sostenere costi per:
− riduzione del personale quali esodi incentivati e corresponsione del TFR.
− riscatto anticipato dell’immobile ove il reparto aveva sede da una società di leasing,
magari incappando in penali di estinzione anticipata importanti.
− adeguamento tecnologico degli altri immobili per accogliere ciò che resta del reparto
chiuso
− smontaggio, trasporto e reinstallazione dei macchinari che si è deciso di non dismettere.
− etc
Tali costi, seppur da sostenere una tantum, sono spesso così elevati da portare alla tentazione di rimandare il problema piuttosto che risolverlo.
Ed è questo l’aspetto più problematico, comprare tempo in azienda costa tantissimo e le decisioni di intervento, che sono fra le più complesse in assoluto, debbono essere prese con grande oculatezza e con tutti gli strumenti di pianificazione finanziaria dei relativi costi-benefici.
E voi sapete se i vostri reparti sono a break even o se in azienda esiste una indigestione da debiti?