Il tabagismo è uno dei maggiori problemi per la sanità pubblica a livello globale e costituisce il principale fattore di rischio per lo sviluppo di tumori, patologie cardiache e respiratorie. Un luogo di lavoro nel quale non è rispettato il divieto di fumo può costituire un pericolo per i lavoratori esposti alle pericolose conseguenze del fumo passivo.
Ma sul luogo di lavoro fumare è vietato dalla legge
Il datore di lavoro ha l’obbligo di salvaguardare la salute dei propri dipendenti vigilando affinché non si fumi nei locali aziendali. La corte di cassazione ha affrontato il tema nella recente sentenza n.23862 del 2016 dal quale è emerso che il datore di lavoro ha il dovere di avviare un procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti sorpresi a fumare. L’esito del procedimento obbliga il trasgressore al pagamento di una sanzione pecuniaria e nei casi più gravi può addirittura sfociare nel licenziamento.
La maggioranza delle realtà aziendali rispettano il divieto di fumo. Tuttavia vi sono anche casi di aziende, in cui lo stesso non è rispettato o lo è solo parzialmente. Nello sfortunato caso in cui si presti servizio in un’azienda di questo genere la prima cosa da fare è segnalare la situazione al datore di lavoro che ha il dovere di intervenire. Se questi non si decide a risolvere il problema, ammonendo i trasgressori, rischia di dover risarcire gli altri lavoratori ripetutamente esposti alle esalazioni del fumo passivo. In alcuni casi l’inattività del datore di lavoro ha addirittura configurato il reato di mobbing.
Quindi il datore di lavoro ha il dovere di utilizzare il suo potere disciplinare nei confronti dei trasgressori per salvaguardare la salute di tutti i lavoratori. Ma “il pugno forte” non è l’unica arma a disposizione dell’azienda. Per risolvere il problema non occorre solo un intervento repressivo, ma anche uno di carattere informativo ispirato ai valori della prevenzione. Dal momento che i lavoratori trascorrono una quota rilevante del proprio tempo nei locali aziendali sarebbe utile porre in essere campagne informative volte a sensibilizzare i dipendenti dai rischi del fumo.
Sul tema dell’efficacia delle campagne informative è intervenuto un recente studio della Michigan State University. Secondo quest’ultimo le campagne antifumo più efficienti non sono quelle che colpevolizzano e terrorizzano i fumatori, ma al contrario quelle fanno leva su messaggi nostalgici uniti ad immagini che evocano sensazioni piacevoli e rilassanti. Non è insolito, infatti, imbattersi in campagne antifumo “brutali” con contenuti visivi piuttosto “forti”. Basti pensare alle immagini dei pazienti affetti da tumori che si trovano impresse sui pacchetti di sigarette. Proprio questo tipo di campagne per i ricercatori del Michigan non avrebbero una grande efficacia perché il fumatore, mosso da un senso di repulsione, tende a respingerle e ad ignorarle.