Disoccupazione giovanile, svogliati o con poche opportunità?

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La disoccupazione giovanile è una piaga che attanaglia un’intera generazione. Ma è proprio vero che il fenomeno va attribuito esclusivamente alla scarsa voglia di lavorare oppure scarseggiano le opportunità di collocamento?

I numeri di un problema generazionale: secondo l‘Istat negli ultimi mesi la disoccupazione giovanile è tornata a sfiorare il 10%. Il dato è positivo solo se viene confrontato con i numeri degli anni scorsi quando addirittura si parlava di un giovane su 3 a forte rischio disoccupazione.

Oggi secondo l’istituto nazionale di statistica l’Italia è tornata ai valori del 2012. L’Eurostat, fotografando la situazione tedesca, rileva che in Germania le cose vanno parecchio meglio, con un tasso di disoccupazione giovanile che arriva appena al 6%.

Disoccupazione giovanile: i giovani di oggi sono davvero svogliati?

Osservando questi dati potreste pensare che si tratti di una questione strettamente legata a questa specifica generazione. L’ex Ministro del Lavoro Elsa Fornero definì i giovani di oggi come un popolo di choosy. L’appellativo ha un significato dispregiativo e in italiano potrebbe essere tradotto come schizzinosi.

L’altro acronimo che avete imparato a conoscere in questo periodo di crisi è Neet. La sigla sta a indicare coloro che hanno un’età compresa tra 15 e 30 anni non compiuti e che non fanno niente. Per Neet si intende il giovane che non lavora, che non studia, che non si sottopone a corsi di formazione e che, molto spesso, non cerca nemmeno un’occupazione, magari proprio perché è scoraggiato da una lunga serie di rifiuti e di delusioni.

SkyTg 24, sempre facendo riferimento ai dati pubblicati da Istat, ha stimato in oltre 2 milioni i Neet italiani.

Da cosa è causata la disoccupazione giovanile?

I ragazzi italiani sono bamboccioni. Questa affermazione spesso viene segnalata come un dato di fatto inconfutabile. Eppure ci sono studi che dimostrano l’esatto contrario, ovvero che i ragazzi proverebbero a farsi una famiglia e vivere autonomamente ma non ce la fanno. Nelle province italiane, specialmente al nord, le scuole pubbliche e private riferiscono un aumento dei diplomati, segno evidente che non siamo di fronte a un esercito di nullafacenti seriali.

La risposta più appropriata sulle motivazioni della disoccupazione giovanile probabilmente va cercata nelle poche opportunità che vengono riservate alla fascia d’età che comprende i ventenni. I tre parametri, cioè l’istruzione, la disoccupazione giovanile e i Neet, vanno analizzati mettendoli in relazione uno con l’altro.

Alcuni importanti osservatori ed economisti denunciano anche il fatto che l’innalzamento costante dell’età pensionabile non giochi affatto a favore dei giovani, rischiando di creare un conflitto generazionale molto difficile da sanare.