Redditi e pensioni, una bomba a orologeria per i giovani italiani
Redditi e pensioni sono un problema, in ottica attuale e futura, soprattutto per i giovani. Diminuiscono infatti gli under30 che riescono a lavorare e a pagare i contributi, sostenendo le casse previdenziali. Anche le loro retribuzioni sono più basse in Italia, ma l’anzianità non c’entra.
Redditi e pensioni, in Italia è boom di contratti a chiamata
Redditi e pensioni si confermano due tasti dolenti dell’Italia. La categoria più svantaggiata è quella dei professionisti under30. Crollano i contratti a tempo indeterminato, mentre quelli di somministrazione registrano un boom, segnando il +20,4% nel primo semestre del 2017 secondo l’Inps. Nello stesso periodo, i contratti a chiamata sono cresciuti del 124%.
La produttività delle forze più preziose per la crescita economica del Paese viene dispersa e genera conseguenze anche sulla sostenibilità delle casse previdenziali. Meno i giovani lavorano e guadagnano, meno contributi versano. Secondo le stime dell’Ocse, tra il 2007 e il 2015 è andato perso un terzo dei posti di lavoro per i giovani sotto i 29 anni e oggi l’Italia ha uno dei tassi più alti per missmatch (49%), il divario tra le competenze di una persona e il lavoro svolto.
Bassi salari di ingresso per i giovani e gap retributivo
Il problema di redditi e pensioni dà filo da torcere alle donne come ai professionisti under 35, penalizzati nella remunerazione anche quando il missmatch non c’entra. All’ingresso nel mondo del lavoro sono le prime vittime del gap retributivo. Secondo lo studio dell’Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati), i liberi professionisti guadagnano mediamente 12.102,49 euro annui lordi nella fascia 25-30 anni, 17.362,28 euro in quella 30-35 anni e 50.400 euro tra i 50 e i 55 anni.
Il gap salariale porta chi ha 25 anni a guadagnare un quarto di chi ne ha il doppio. Un problema di anzianità professionale? Difficile, visto che le retribuzioni di ingresso sono più elevate fuori Italia, come in Germania e in Francia, così molti si trasferiscono all’estero per lavorare.
Secondo le ricerche della società di consulenza Willis Tower Watson, il primo stipendio di un giovane in una grande impresa, in Italia è di 30.400, mentre in Danimarca sale a 52.300. Le tasse e il costo della vita danesi sono più elevati, ma non giustificano una tale differenza.
Redditi e pensioni: un binomio pronto a esplodere
La diminuzione del tasso di occupazione e degli stipendi tra i giovani rischia di ripercuotersi sulle casse previdenziali dei professionisti, perché se non lavorano non possono sostenerle. Ne è un esempio Inarcassa: vanta 170mila iscritti tra ingegneri e architetti ma gli under30 sono solo il 5,5%, mentre il 14% appartiene alla fascia 46-50 anni e l’11% a quella 51-55 anni. I giovani ingegneri portano a casa ogni anno 12.674 euro lordi, gli architetti 9.975 euro.
“Le casse stimano per sé una sostenibilità di 50 anni a costanza di tipologia lavorativa, cioè presupponendo che il lavoro resti uguale – ha dichiarato Alberto Oliveti, presidente Adepp – Ma il problema è che il lavoro cambia, e anche le retribuzioni“.
A suo avviso si può evitare che la bomba esploda cambiando le logiche previdenziali: una quota dei patrimoni dei professionisti avviati andrebbe usata per agevolare i giovani a entrare nel mercato del lavoro e a versare i contributi.